La leggenda di San Martino e la sua estate

Si celebra l’11 novembre la festa di San Martino, dedicata al cavaliere francese che, dopo circa vent’anni trascorsi come ufficiale dell’esercito, decise di dedicarsi alla vita religiosa.

Fu uno dei primi santi non martiri a essere proclamato dalla chiesa cattolica e, nel tempo, è stato venerato anche da quella ortodossa e da quella copta.

La leggenda narra che Martino, una notte durante il suo compito di ronda, incontrò un mendicante seminudo, sofferente per il freddo; per aiutarlo, Martino tagliò immediatamente in due il suo mantello e ne porse una metà al mendicante. La notte seguente, Gesù gli comparve in sogno, abbigliato con la metà del suo mantello militare e, quando si svegliò, il mantello era integro.

Questo episodio, secondo appunto le narrazioni, cambiò per sempre la vita di Martino, che iniziò a dedicarsi alle attività cristiane e che, in seguito, divenne vescovo dell’odierna Tours.

Ma la leggenda narra anche di un insolito e inspiegabile tepore che invase il Paese nei tre giorni successivi all’incontro di Martino con il mendicante: da allora, si celebra la famosa Estate di San Martino, ovvero i giorni di novembre in cui ritorna il caldo, dopo i primi freddi dell’autunno.

Questa ricorrenza si festeggia oggi in tutta Italia e in molti Paesi dell’Europa, con riti tradizionali, celebrazioni religiose e piatti tipici.

Una pratica molto diffusa, a tale proposito, è la creazione delle “lanterne di San Martino”, ovvero delle piccole lanterne realizzate soprattutto dai bambini e che, durante le processioni che si svolgono per celebrare il santo, potrebbero proprio rappresentare il tepore del sole, che timidamente riscalda i campi a novembre.

In Italia, invece, la giornata di San Martino è ricordata poiché “ogni mosto diventa vino”: la festa, infatti, coincide con il giorno in cui termina l’anno vitivinicolo e si aprono le botti per gustare il vino novello.

Sono diverse, dunque, le occasioni a scuola per celebrare questo santo amato in tutto l’Occidente, fino – naturalmente – alle recita della poesia scritta da Giosuè Carducci e da sempre tramandata fin dalle scuole primarie.

La nebbia a gl'irti colli

Piovigginando sale,

E sotto il maestrale

Urla e biancheggia il mar;

Ma per le vie del borgo

Dal ribollir de' tini

Va l'aspro odor de i vini

L'anime a rallegrar.

Gira su' ceppi accesi

Lo spiedo scoppiettando:

Sta il cacciator fischiando

Su l'uscio a rimirar

Tra le rossastre nubi

Stormi d'uccelli neri,

Com'esuli pensieri,

Nel vespero migrar

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